giovedì 27 ottobre 2011

Festa

Paola: “ Mi ricordo di una festa. Margherita ed io avevamo circa quattordici anni o giù di lì. Frequentavamo il quarto o il quinto ginnasio e avevamo deciso una sera d’inverno, di andare in centro. Forse avevamo un appuntamento con qualcuno. È così tutto vago. Non mi ricordo per quale motivo fossimo tutte e due perfette e truccate, sicuramente sapevamo già che saremmo andate alla festa”.
Margherita:” Era un gruppo di amici con cui avremmo condiviso tante uscite in seguito. Personalmente mi ricordo che ci fermammo dinanzi ad una libreria del centro città. Fu un incontro casuale. Ci invitarono a una festa. Si chiamava Gianluca. Era bello, altro, ombroso in volto, però faceva il simpatico con me. Era la prima volta che lo incontravo, Paola invece lo conosceva da anni, avevano frequentato la stessa scuola in passato.”

Paola:” Erano solo ragazzi e una ragazza, quest’ultima la conoscevo perché avevo frequentato insieme a lei la scuola materna. Non possedevamo né macchina né motorino. Ci accontentammo di prendere il pullman, o forse no, forse raggiungemmo la festa a piedi. In quel periodo senza mezzi di locomozione eravamo abituati a camminare molto. Arrivammo alla fatidica festa. Avete presente quelle feste adolescenziali fatte in casa, con il dj, i divani alle estremità della stanza per fare spazio? Beh era la nostra festa”.

Margherita:” Ora che mi ricordo, era una villa a due piani. C’erano la tavernetta, il piano terra e il primo piano che personalmente non ho mai visto perché c’erano le stanze da letto. Il piano terra, dove si svolgeva la serata, non era grandissimo. Il padrone di casa ci accolse, Roberto. Tipo simpatico ma astratto, adorava l’inglese, i viaggi e il sapere in tutte le sue sfumature. Arrivammo a party iniziato. La musica era alta, il dj era all’angolo della stanza illuminato da una lucina e cambiava freneticamente cd, i ragazzi erano ammassati in quella stanzetta con divani e mobili alle estremità della stanzaper permettere di ballare. Ci accomodammo. Il piano terra aveva una finestra che affacciava sull’interno della villa, dove si sviluppava un piccolo ma accogliente giardino corredato di tavolini e sedie e un dondolo. C’erano ragazzi anche fuori, nonostante il freddo inverno.”
Margherita:” io guardavo lui e lui ricambiava il mio sguardo. Aveva una carnagione scura, i capelli bruni e ricci e gli occhi penetranti che ti lasciavano senza fiato. Indossava una felpa pesante bianca con un disegno rosso. Era un animale, ma non ricordo precisamente quale fosse. Jeans, scarpe da ginnastica e il suo giubbotto di pelle. Quanto era bello e affascinante. Parlare di lui mi ricorda primi approcci da ragazzini. Si è timidi e impacciati e noi eravamo il quadro dell’imbarazzo.”

Non so cosa mi abbia ricordato questa festa ma mi mancano quei momenti di assoluta innocenza. Mi manca la semplicità dell’adoloscenza e  la voglia di mostrarsi più maturi di quanto in realtà eravamo.

domenica 23 ottobre 2011

Benvenuta

Paola ritorna alla sua storia. Ha osservato e imparato anche questa settimana. Settimana molto intensa e impegnativa alle prese con nuove esperienze con le hanno cambiato il modo di vedere la sua vita. Ha imparato che deve vivere alla leggera e soprattutto che non può controllare tutto. Ha affrontato discorsi non semplici, ha ammesso colpe che non le appartenevano, ha parlato di vicende che le hanno procurato tanto dolore. Non dico sia cambiata o maturata, troppo poco tempo, ma inizia a entrare in un’ottica diversa, questo sì.

Ha capito che deve reagire, non può essere una spettatrice della sua vita ma deve essere da protagonista. Mai capitato di vivere una situazione dall’esterno e non riuscire a farvi parte? Bene. È proprio così. Vale la pena vivere da protagonisti e non da comparse. E così sarà. Il motto è “timidezza quando serve, faccia tosta quasi sempre”. Non sto affermando che i furbi hanno sempre la meglio, ma quasi. Apparire sicuri di sé a volte o nella maggior parte dei casi aiuta e fa vivere meglio. Perciò “BENVENUTA NUOVA PAOLA”.

mercoledì 19 ottobre 2011

Consulto

Memorie di una ragazza alle prese con una giornata troppo complicata

Mi rendo conto come a ventun anni sia disinformata. Come alcune cose si diano per scontato. La ricerca delle informazioni si riduce all’uso di internet. Non so se ritenerlo un bene o un male. Ma questa rete così ingarbugliata e a volte pericolosa è da ritenersi importante per chi non vuole o può chiedere spiegazioni. Ho provato sulla mia stessa pelle tutto questo. L’impossibilità di parlare con qualcuno e ricercare la soluzione sul web. Accendi il PC e digiti sul motore di ricerca la tua parola. Quella segreta che non puoi confidare. Mille siti si aprono dinanzi a te. Inizia la ricerca. È un bel problema perché devi selezionare ciò che ti interessa e quando lo trovi la “caccia al tesoro” non si conclude ancora. Troppe domande ti assalgono, scopri altre informazioni che magari sono lontane dal tuo caso, ma le acquisisci come tue.

Poi decidi di armarti di coraggio e di rivolgerti a qualcuno che sa e conosce. A qualcuno che può aiutarti davvero. Una persona che può risolvere o chiarire la tua situazione. Sei spiazzata. Lo guardi quasi come un extraterrestre. Ti senti piccola, insignificante. Nessuno vuole insegnarti niente. Ti rivolgi a lui per capirci qualcosa, per stare meglio, per sentirti matura e responsabile. Inizi ad acquisire sicurezza in te stessa ammettendo di avere dei limiti e di volerli superare.

Ti guarda e ti vede come una giovane donna. Non so se quegli occhi nascondessero tenerezza o finto interesse. Nonostante tutto quello sguardo ti permette di capire quanto sia stato importante informarsi e chiedere aiuto. Quelle parole ti hanno confortato e rassicurato quando ti sentivi fragile. Quella confidenza ti ha fatto crescere e ora nel bene o nel male custodisci un piccolo segreto che sarà un bagaglio nella tua contorta ma emozionate vita.

lunedì 17 ottobre 2011

Cambiamenti

Cara amica mia, mi guardo indietro e vedo quanto tempo è passato. Quante chiacchiere al telefono invece di studiare. Quante versioni copiate dallo stesso quaderno. Quante lacrime versate insieme tra quei vecchi banchi di scuola. Quante risate. Quel che resta ora è un bel ricordo. Abbiamo condiviso tanto e continuiamo a farlo. Siamo donne ormai. Siamo cresciute e maturate. Giorno dopo giorno impariamo dai nostri errori, cerchiamo di capirli ed evitarli. Cerchiamo di supportarci, di essere sorelle, mamme e amiche. Tutto ciò che gli altri non possono capire o darci lo ricerchiamo l’una nell’altra. Ci facciamo forza. Ricerchiamo la razionalità nell’irrazionale. Io enigmatica e iperattiva tu l’esatto opposto. Sin troppo esplicita e a volte scontata. Non pensare che questo sia un modo per giudicarti, tutt’altro. Vedo in te la forza che mi permette ogni giorno di andare avanti, di volare alto con il pensiero, di credere in me stessa e di non cedere alle debolezze. Sei con me nel momento giusto. Mi dai la mano ma poi vuoi lasciarmi camminare con le mie sole gambe. Vuoi che maturi, anche se mi piace essere coccolata e confortata. Non sono ancora pronta per essere ritenuta una donna. Forse mi piace pensarlo ma non esserlo. Pensare di essere cresciuta sì, ma non voglio ancora del tutto assumermi responsabilità. Lo so, come sempre sono strana e continuo a non cambiare.  Sono cosciente di tutto ciò e come ha detto qualcuno oggi “hai ventuno’anni, puoi ancora modificare il tuo carattere”.

mercoledì 12 ottobre 2011

Giuseppe


Abbiamo lasciato Paola al suo primo e ultimo incontro con Giuseppe. Quel caldo pomeriggio d’agosto non si erano nemmeno salutati. Quando lui aveva scambiato cortesi convenevoli con Fabrizia, era scappato via perché oberato di lavoro e si erano salutati, frettolosamente, ma nessuno dei due conosceva il nome dell’altro. O meglio mi correggo: Paola lo aveva scoperto grazie a Fabrizia. Il nostro caro Giuseppe aveva circa venticinque anni ed era un avvocato che faceva praticantato presso uno studio vicino a quel bar dove le due ragazze stavano assaporando il loro cremoso e granuloso espressino freddo. Alto, sportivo, scuro di carnagione, con i capelli folti e lisci e gli occhi verdi penetranti. La bocca definita, i denti bianchi e un neo sulla guancia marcato come segno particolare. Studioso e intelligente non era il classico tipo casa e chiesa. Tutt’altro. Era un vero e proprio viveur che amava andare a ballare il sabato sera, incontrarsi con gli amici, andare alle feste. Non era un tipo comune anzi. Diciamo che ci sapeva fare. Era brillante e spiritoso, ma non solo con le ragazze, nella sua vita in generale. Lo descrivo perché Paola in seguito lo conobbe. E dal secondo incontro non fu tutto così semplice..

domenica 9 ottobre 2011

Tagli

Tra i tagli radicali mettiamoci anche quelli di capelli. Notevoli , definitivi. A Paola sono sempre piaciuti. Netti, senza rancori, un po’ come i saluti, gli addii, le partenze. Zac. La prima ciocca se ne va. L’effetto più bello è quando sei seduta sulla poltroncina del parrucchiere e colui che cambierà definitivamente il tuo look raccoglie i tuoi capelli in una coda di cavallo e la taglia. Con forza e decisione. E chi lo avrebbe mai detto?  Ma i tagli sono un po’ come la vita. Nella vita ci vogliono cambiamenti come nel look. Modificare alcune situazioni o sfumature, le così dette carte in tavola, a volte è necessario. Per essere una persona nuova, per farlo credere agli altri, per sentirsi più belli e sicuri di sé oltre che stimolati. A Paola i cambiamenti non piacevano. È una persona un po’ monotona sotto questo punto di vista. Accetta di mutare qualcosa di sé nel momento in cui è arrivata al limite dell’accettazione. Il problema? Il limite, per lei, non è facilmente raggiungibile.
Quando aveva circa dieci anni, doveva cambiar casa. I bambini spesso reagiscono positivamente, sono felici perché percepiscono la “novità” nell’aria. Per Paola non era così. Non voleva assolutamente cambiar casa. Le piaceva la sua stanza piccola, i suoi ricordi, i suoi giochi in quella casa, dove era nata e cresciuta per circa dieci anni.

E ancora adesso questa parola la destabilizza, la quotidianità fa parte di lei e del suo modo di essere. Ci si rende conto che avere questa mentalità non può portare bene. Bisogna essere coraggiosi, anche per le piccole cose. Cambiare città, amici, casa, scuola, vita. Non deve far paura. Magari all’inizio siamo timorosi. C’è dell’incertezza sulla possibilità di non trovarsi bene, di non aver fatto la scelta giusta, di pentirsi. In seguito però, quando gli avvenimenti procedono verso la giusta strada, allora ci si rende conto di aver fatto bene e addirittura di non voler tornare indietro. La vita è imprevedibile: potresti decidere di fare delle scelte a cui in passato non avresti lontanamente pensato. Però scegli in questo modo perché serve: serve per te stesso, per la tua salute “sociale” e non solo, per la tua realizzazione in un certo senso. Ed è proprio partendo con questa mentalità che ti rendi conto di migliorare. Di maturare di giorno in giorno. E mi chiedo se Paola assumendo quest’atteggiamento, possa aver modificato il suo modo di vedere il mondo .

giovedì 6 ottobre 2011

Caso

Oggi Gaia ha scritto a Paola. Le ha chiesto: “Come mai non scrivi più?”. Lei le ha risposto :“Non ho molto tempo”. Forse non le manca il tempo o le parole, ha sempre avuto un'idea su tutto e tutti. Forse è la volontà o semplicemente è alla ricerca di qualcosa. Paola ha pensato molto in questi giorni, ha riflettuto su quello che avrebbe potuto scrivere. Ha ascoltato tanta gente, persone del passato e del presente. Ha scavato nella sua memoria. Quante notizie. Un cumulo di notizie in quel cervello chimico.


Ha ricordato il mese di ottobre di anni fa. Quel magnifico mese. Il mese del “riscatto”. Conobbe un certo Giuseppe. Un tipo molto simpatico e intelligente. Insomma un bel tipo. Era iniziato tutto per gioco. Anzi no. Era iniziato per caso. Il caso è la parola giusta.
Avete mai fatto qualcosa “per caso”? Forse sono le migliori situazioni sono quelle casuali. Parola strana. Ma non divaghiamo.


Paola aveva conosciuto Giuseppe in un bar. Non si può definire propriamente conoscenza. Diciamo che lo aveva incontrato. In un caldo pomeriggio d’agosto aveva deciso con Fabrizia di vagare per la città alla ricerca di un passatempo e come ogni volta avevano ceduto al solito espressino freddo. Quella giornata però era piuttosto insolita. Troppa gente, troppo caldo, troppe macchine, troppo smog. Paola aveva deciso di prelevare Fabrizia con il cinquantino, quella vespa perlata del 2001. Quanto caldo in città, si chiedeva mentre raggiungeva casa dell’amica, perché si trovasse in sella a una vespa e non fosse su una bella spiaggia nel tentativo di cuocersi al sole. Ma le vacanze erano quasi finite.
Sedute al tavolino del bar, con l’espressino freddo dinanzi a loro, iniziarono a raccontarsi delle vacanze e di come fosse andato il viaggio di Fabrizia. Si parlava del più e del meno, quando a un certo punto Fabrizia sentì chiamare il suo nome. Era Giuseppe. Aveva una camicia bianca di lino e la pelle abbronzata dal sole dell’estate. Una tracolla e mille fogli tra le mani. Sembravano documenti. Dopo uno scambio veloce di convenevoli, Giuseppe si allontanò e nonostante non si fossero neanche presentati quello, fu il loro primo incontro.

sabato 1 ottobre 2011

Parole

"Hai detto che la parola di oggi è negatività? Allora fammi pensare. Negatività, negatività. Beh certo parlandoci chiaro se pensi alla negatività già parti male. Devi essere positiva. Nel post precedente ho scritto che non hai il tempo materiale per bruciare la tua esistenza nella depressione e nella negatività, ma tu giustamente mi risponderai che lo stato d’animo è quello e non ci puoi fare niente! Lo sai che ti dico? Hai ragione. Purtroppo è sempre stato facile parlare e scrivere ma poi è difficile quasi impossibile mettere in pratica cioè che ti si dice. Mi dici che sei negativa, che questo periodo non va. Ti capisco benissimo, è un periodo amaro per tutti. Come uscire da questo tunnel? Affronta i problemi. Vedi io? Io ho un problema, ma non so come riuscire ad affrontarlo. Ogni giorno mi ripeto,però  “sta passando, tranquilla". Autoconvinzione è la parola chiave. Se ti butti giù, crolli e non so quanto tempo passerai a recuperare terreno perduto. Non fare come me. Ho perso troppo tempo dietro alla negatività. E ora cosa mi ritrovo in mano? L’insicurezza, l’odio e la malinconia. No. Non va così. Devi reagire. Devi guardare tutto con occhi diversi. Osserva il mondo a colori e non in bianco e nero. Sorridi. Vedrai che ci riuscirai. Non piangerti addosso. Ti assicuro che non serve. Il segreto per superare la negatività, è parlarne fino allo sfinimento, alla nausea, fino al momento in cui ti domandi perché tu ne stia ancora parlando. Devi essere convinta che non fa per te, che non ti appartiene, che puoi puntare più in alto nella vita e non accontentarti. Hai la possibilità di sognare, di volare con la fantasia. Hai un’amica che ti conforta, anzi più di una. Beh è il momento di reagire Marghe…"
In un momento del tutto di follia Paola scrisse alla sua cara amica Margherita queste parole, con la speranza che le sarebbero state di conforto.